Martedì 22 dicembre 2020

Chiarimenti sul lavoro notturno da parte dell'Ispettorato del lavoro

a cura di: Studio Dott.ssa Cristina Orlando
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Chiarimenti sul lavoro notturno da parte dell'Ispettorato del lavoro

L'Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 1050 del 2020 precisa quali sono i requisiti che definiscono il lavoratore subordinato come notturno, facendo:

  • sia riferimento alla normativa in merito all'orario di lavoro
  • sia considerando quanto stabilisce la contrattazione collettiva.
     

DEFINIZIONE DI LAVORO NOTTURNO
Secondo la normativa in tema di orario di lavoro è considerato notturno il periodo di almeno sette ore consecutive comprese tra l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino.


COME INDIVIDUARE LA 7 ORE CONSECUTIVE DI LAVORO
Si deve considerare, secondo l'Ispettorato del Lavoro:

  • l'orario di lavoro osservato secondo le indicazioni del contratto collettivo • e secondo le indicazioni del contratto individuale. Il periodo che rileva infatti in riferimento al D.Lgs. n. 66/2003 (normativa sull'orario di lavoro) potrà iniziare: • dalle ore 22 fino alle ore 5
  • oppure dalle ore 23 fino alle ore 6
  • oppure dalla mezzanotte fino alle ore 7. DEFINIZIONE DI LAVORATORE NOTTURNO

Nel D.Lgs. n.66/2003, viene definito lavoratore notturno: • qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;

qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro.;

  • in mancanza di una disciplina collettiva, viene considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga per almeno tre ore lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all'anno
  •  in caso di lavoro a tempo parziale viene precisato che tale limite minimo deve essere riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.

Pertanto, si considera lavoratore notturno il lavoratore che è tenuto per contratto, e pertanto in modo stabile, a svolgere tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero nel periodo notturno.
 

LAVORO NOTTURNO IN PRESENZA DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Se c'è una regolamentazione derivante dalla contrattazione collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga, nel periodo notturno, la parte di orario di lavoro individuato dalle disposizioni del contratto collettivo.
Dunque si afferma che, in presenza di contratto collettivo è demandata ad esso:

  • l'individuazione del numero delle ore giornaliere di lavoro da effettuarsi durante il periodo notturno che quindi potrebbe anche essere inferiore o superiore alle tre ore stabilite;
  • il numero delle giornate necessarie per rientrare nella categoria di "lavoratore notturno". LAVORO NOTTURNO IN ASSENZA DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA In assenza di disciplina collettiva, si considera lavoratore notturno colui il quale svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero durante il periodo notturno per almeno ottanta giorni lavorativi all'anno.

Nel caso in cui la contrattazione non indichi esattamente il numero di ore che si contano per essere considerato lavoratore notturno, sarà necessario far riferimento alla disciplina normativa che indica tre ore nel periodo notturno per 80 giorni l'anno.
Nel caso in cui la contrattazione indichi solamente uno dei parametri: il parametro giornaliero o il parametro annuale, necessari per definire il lavoratore notturno, il secondo dovrà essere individuato in quello previsto dal legislatore ovvero: tre ore giornaliere o ottanta giorni l'anno.
L'Ispettorato del Lavoro, infine, ricorda che, solo ai lavoratori notturni individuati nei termini sopra chiariti verrà applicato il limite massimo giornaliero di otto ore di lavoro e a qualunque lavoratore che svolga di notte una parte del suo orario di lavoro.

(Fonti:Ispettorato Nazionale del Lavoro, nota n.1050/2020)

AUTORE:

Dott.ssa Cristina Orlando

Consulente del Lavoro
Studio Dott.ssa Cristina Orlando
Dopo aver conseguito laurea in Economia Aziendale, ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione di Consulente del Lavoro. Titolare di un proprio studio professionale, specializzato...
in amministrazione e gestione del personale delle piccole e medie imprese, ha maturato esperienze in aziende nell’ambito del controllo di gestione e dell’amministrazione del personale. Ha svolto docenze presso la scuola di alta formazione per gli operatori delle politiche del lavoro nelle materie di Diritto del Lavoro e Legislazione Sociale, ha svolto docenze nell’ambito di master Universitari di 1° livello in Direzione del Personale.
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    L’attribuzione del Trattamento di Fine Mandato (T.F.M.) quale compenso aggiuntivo da riconoscere agli amministratori di una società, presenta vantaggi importanti che si manifestano su due piani:

    - fiscale
    - gestionale/strategico.

    1. Vantaggi fiscali
    Il T.F.M. rappresenta un'importante leva di pianificazione fiscale per le società e un significativo beneficio per i suoi amministratori.
    Questo compenso, erogato al termine del rapporto di amministrazione, se correttamente strutturato, offre un duplice vantaggio fiscale: per l'azienda che lo accantona e per l'amministratore che lo percepisce.
    I benefici fiscali del T.F.M. si articolano principalmente in due ambiti:

    - la deducibilità del costo per competenza per la società, con conseguente riduzione dell'imponibile IRES ogni anno e
    - la tassazione separata per il percipiente.


    2. Vantaggi gestionali e strategici
    Tralasciando il caso – peraltro molto frequente nelle società di piccole dimensioni (cosiddette “familiari”) di attribuzione del TFM per aspetti principalmente fiscali, è utile considerare il TFM un potente strumento di gestione aziendale perché favorisce questi importanti fattori:

      • fidelizzazione e incentivazione: il TFM agisce come un incentivo a lungo termine. Sapendo di avere una somma importante che matura nel tempo, l'amministratore è più propenso a rimanere legato alla società e a lavorare per il suo successo duraturo. È un modo per premiare la lealtà e la permanenza.
      • attrazione di talenti: in fase di assunzione di un manager di alto profilo, offrire un pacchetto retributivo che include anche il TFM rende la posizione più attraente e competitiva rispetto a società che offrono solo un compenso fisso.
      • pianificazione finanziaria: accantonare il costo anno per anno permette una gestione finanziaria più ordinata e prudente. La società non si troverà a dover affrontare un esborso improvviso e imprevisto alla fine del mandato, poiché il costo è stato spalmato contabilmente su più esercizi, dando una rappresentazione più fedele della situazione patrimoniale.

    In conclusione, per la società il TFM non è semplicemente un costo aggiuntivo, ma un investimento strategico che, se correttamente pianificato, genera un importante risparmio fiscale immediato e contribuisce a creare un rapporto più solido e duraturo con il proprio management.

    Questo lavoro affronta i principali aspetti civilistici e fiscali e indica il modo corretto di operare, per permettere l’imputazione della quota annua di costo societario per competenza ed evitare che lo strumento utilizzato porti a contestazioni o riprese fiscali da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

    Fa parte di questo strumento pratico operativo (tool) il verbale di assemblea dei soci.

    a cura di: Studio Meli S.t.p. S.r.l.
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