Mercoledì 31 maggio 2023

Contrasto alle partite Iva 'apri e chiudi'

a cura di: Meli e Associati
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Contrasto alle partite Iva 'apri e chiudi'

Uno degli obiettivi dichiarati del Governo in ambito fiscale è stato quello di contrastare il fenomeno delle partite IVA “apri e chiudi” e quindi l’evasione e le frodi fiscali perpetrate attraverso la costituzione di imprese individuali o Srl semplificate, che operano per brevi periodi violando obblighi fiscali e contributivi per poi scomparire, sottraendosi di fatto a ogni attività di riscossione.

Con questo fine, la Legge di bilancio 2023 (articolo 1, commi da 148 a 150, della legge 197/2022) ha previsto che, in occasione dell’attribuzione del numero di partita IVA, vengano svolte specifiche analisi del rischio per intercettare i soggetti “fiscalmente pericolosi”, con conseguente invito a esibire i documenti attestanti l’effettivo esercizio di un’attività economica.

In caso di esito negativo del controllo, l’Ufficio dovrà emanare un provvedimento di cessazione della partita Iva appena attribuita e irrogare una sanzione amministrativa di 3mila euro, senza possibilità di applicare il beneficio del “cumulo giuridico”. L’interessato potrà riaprire la partita IVA soltanto dopo aver presentato una fideiussione assicurativa o bancaria di durata triennale e di importo non inferiore a 50mila euro.

Il provvedimento attuativo e la procedura

Con il Provvedimento del 16 maggio 2023, prot. n. 156803 l’Agenzia Entrate ha recentemente definito le disposizioni attuative e quindi i criteri, le modalità e i termini di attuazione dell’attività di controllo e di analisi del rischio, ai fini della verifica dei dati forniti per il rilascio di nuove partite IVA.

In particolare, sono stati rafforzati i controlli e gli accessi già previsti dall’art. 35, comma 15-bis, del D.P.R. 633/1972, diretti a riscontrare il possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi per l’attribuzione del numero di partita IVA, in linea con i criteri Ue, in relazione alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro le frodi.

In caso di partita IVA “sospetta”, l’Ufficio competente convocherà il contribuente per fornire le spiegazioni richieste e per chiedere ulteriore documentazione contabile al fine di chiarire determinati aspetti oscuri dell’attività e ad ottenere la prova del possesso della soggettività passiva dell’imposta consistente nell’effettivo svolgimento dell’attività di impresa o lavoro autonomo.

Qualora i dubbi dell’Ufficio non venissero dissipati, l’Agenzia Entrate provvederà:

  • a emanare un provvedimento di cessazione della partita IVA
  • a disporre la sua esclusione dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (Vat information exchange system)
  • nonché all’erogazione della sanzione di euro 3.000 di cui risponderà il contribuente destinatario del provvedimento di cessazione.

Il contribuente sanzionato avrà comunque la possibilità di riaprire la partita IVA, ma soltanto integrando la richiesta con il deposito di una garanzia fideiussoria (assicurativa o bancaria) della durata di 3 anni dal rilascio di ammontare non inferiore a 50.000 euro.

In caso di eventuali violazioni fiscali commesse antecedentemente all’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione sarà pari alle somme, se superiori a 50.000 euro, dovute a seguito di dette violazioni fiscali, sempreché non sia intervenuto il versamento delle stesse.

Il provvedimento attuativo riporta anche il fac-simile della polizza fideiussoria da presentare nei casi previsti.

Gli elementi di rischio che saranno indagati possono riguardare sia la presenza di criticità nel profilo economico e fiscale del soggetto richiedente, sia la manifesta carenza dei requisiti di imprenditorialità e saranno ricercati sulla base del confronto dei dati e delle informazioni disponibili nelle banche dati dell’Agenzia Entrate, di quelli eventualmente acquisiti da altre banche dati pubbliche e private o attraverso segnalazioni provenienti da altri enti.

Segnali di una mancata “operatività” della partita IVA saranno rappresentati dall’esistenza e dall’idoneità della struttura organizzativa, le modalità di svolgimento e più in generale “ogni elemento di coerenza” rispetto ad essa.

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  • Il Trattamento di Fine Mandato

    Il Trattamento di Fine Mandato

    L’attribuzione del Trattamento di Fine Mandato (T.F.M.) quale compenso aggiuntivo da riconoscere agli amministratori di una società, presenta vantaggi importanti che si manifestano su due piani:

    - fiscale
    - gestionale/strategico.

    1. Vantaggi fiscali
    Il T.F.M. rappresenta un'importante leva di pianificazione fiscale per le società e un significativo beneficio per i suoi amministratori.
    Questo compenso, erogato al termine del rapporto di amministrazione, se correttamente strutturato, offre un duplice vantaggio fiscale: per l'azienda che lo accantona e per l'amministratore che lo percepisce.
    I benefici fiscali del T.F.M. si articolano principalmente in due ambiti:

    - la deducibilità del costo per competenza per la società, con conseguente riduzione dell'imponibile IRES ogni anno e
    - la tassazione separata per il percipiente.


    2. Vantaggi gestionali e strategici
    Tralasciando il caso – peraltro molto frequente nelle società di piccole dimensioni (cosiddette “familiari”) di attribuzione del TFM per aspetti principalmente fiscali, è utile considerare il TFM un potente strumento di gestione aziendale perché favorisce questi importanti fattori:

      • fidelizzazione e incentivazione: il TFM agisce come un incentivo a lungo termine. Sapendo di avere una somma importante che matura nel tempo, l'amministratore è più propenso a rimanere legato alla società e a lavorare per il suo successo duraturo. È un modo per premiare la lealtà e la permanenza.
      • attrazione di talenti: in fase di assunzione di un manager di alto profilo, offrire un pacchetto retributivo che include anche il TFM rende la posizione più attraente e competitiva rispetto a società che offrono solo un compenso fisso.
      • pianificazione finanziaria: accantonare il costo anno per anno permette una gestione finanziaria più ordinata e prudente. La società non si troverà a dover affrontare un esborso improvviso e imprevisto alla fine del mandato, poiché il costo è stato spalmato contabilmente su più esercizi, dando una rappresentazione più fedele della situazione patrimoniale.

    In conclusione, per la società il TFM non è semplicemente un costo aggiuntivo, ma un investimento strategico che, se correttamente pianificato, genera un importante risparmio fiscale immediato e contribuisce a creare un rapporto più solido e duraturo con il proprio management.

    Questo lavoro affronta i principali aspetti civilistici e fiscali e indica il modo corretto di operare, per permettere l’imputazione della quota annua di costo societario per competenza ed evitare che lo strumento utilizzato porti a contestazioni o riprese fiscali da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

    Fa parte di questo strumento pratico operativo (tool) il verbale di assemblea dei soci.

    a cura di: Studio Meli S.t.p. S.r.l.
  • Contratto di joint venture tra studi professionali

    Il contratto di joint venture si può definire nel nostro caso come un accordo in forza del quale due o più studi (o imprenditori) mettono in comune dei mezzi per collaborare e cooperare al fine di fornire una maggiore specializzazione e quindi un'assistenza al cliente più completa sotto vari aspetti (giuridico, di diritto internazionale, fiscale).
    Nell'esecuzione della propria prestazione professionale, ciascuno studio conserva autonomia e individualità, così che siamo di fronte ad un contratto associativo atipico, distinto anche dal contratto di società.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis
  • Assegnazione Agevolata Immobili Società. Tassazione Soci 2025

    Assegnazione Agevolata Immobili Società. Tassazione Soci 2025

    La legge di bilancio 2025 ha previsto la possibilità, per le società, di assegnare e/o cedere ai soci gli immobili non strumentali per destinazione (oltre ai beni mobili registrati).
    In particolare è prevista l’applicazione di una imposta sostitutiva dell’8% (10,5% se le società sono risultate NON operative nei tre esercizi precedenti) sulla eventuale plusvalenza risultante dalla differenza tra il valore normale, in ipotesi di assegnazione, o il prezzo di cessione, in ipotesi di cessione, e il costo fiscalmente riconosciuto dei beni assegnati/ceduti, con la particolarità che in caso di assegnazione il valore normale per i beni immobili può essere, alternativamente al valore normale ex art. 9 del TUIR, assunto pari al “valore catastale” applicando alla rendita catastale i moltiplicatori previsti ai fini dell’imposta di registro. In caso di cessione il corrispettivo, se inferiore al valore normale, determinato alternativamente ex art. 9 TUIR o in base al “valore catastale”, dovrà essere computato in misura non inferiore al valore normale stesso.
    Altro vantaggio dell’operazione consiste nel fatto che, in caso di applicazione di imposta di registro proporzionale le aliquote applicate siano ridotte della metà.

    a cura di: Studio Meli e Studio Manuali
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