Giovedì 5 marzo 2020

Nel 2019 Amministrazione pubblica parsimoniosa: il deficit a 1,6% è tra i più austeri mai registrati nella storia repubblicana

a cura di: Dott. Gianmaria Vianova
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Nel 2019 Amministrazione pubblica parsimoniosa: il deficit a 1,6% è tra i più austeri mai registrati nella storia repubblicana

L'Italia ha chiuso il 2019 con un deficit pari all'1,6% del Pil, nettamente al di sotto delle previsioni e ai livelli minimi da 2007. Lunedì 2 marzo l'Istat ha pubblicato le statistiche relative al Pil e all'indebitamento delle amministrazioni pubbliche dell'anno 2019, contenente diverse sorprese a livello contabile. La prima è il dato riguardante l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, noto anche e soprattutto come deficit. Nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza pubblicata il 30 settembre 2019 il rapporto tra deficit e Pil programmatico veniva limato a 2,2% rispetto al Def di aprile (2,4%). Il dato definitivo firmato Istat si è rivelato inferiore di 0,8 punti percentuali, fermandosi all'1,6%. Si tratta del valore più basso dallo scoppio della crisi finanziaria (1,3% nel 2007) e tra i tre più bassi degli ultimi quarant'anni (inizio delle serie storiche). Ad un minore deficit di bilancio corrisponde anche un maggiore avanzo primario rispetto a quanto programmato, con il conto delle Amministrazioni pubbliche al netto degli interessi passivi che conferma il risparmio fatto registrare da circa tre decenni (Grafico da banca dati Istat). Il saldo primario si è infatti assestato all'1,7% del Pil, in aumento rispetto all'1,5% del 2018 e superiore al saldo programmatico dell'1,3%. L'Istat spiega che questo risparmio è dovuto ad un incremento del 2,8% delle entrate correnti, attestatesi al 46,9% del Pil. Nel 2019 vi è stata una crescita delle imposte dirette del 3,4%, in particolare Irpef, Ires e imposte sostitutive. I contributi sociali effettivi hanno registrato un aumento del 3,2% mentre la voce "altre entrate correnti" ha riportato un +8,4%, soprattutto grazie all'aumento dei dividendi delle controllate. La pressione fiscale è aumentata rispetto al 2018, attestandosi al 42,4%.

Tra i risparmi la voce che più colpisce è quella degli interessi passivi, ridottasi del 6,7% rispetto al 2018 e, in particolare, passata da 64,6 miliardi nel 2018 a 60,3 miliardi di euro nel 2019. La riduzione è dovuta principalmente al programma di acquisto sul mercato secondario della Banca centrale europea tramite la Banca d'Italia, che ha calmierato i rendimenti sui titoli di Stato. In termini di aggregati assoluti il bilancio delle Amministrazioni pubbliche italiane ha chiuso con un -29 miliardi di euro (era -38,8 miliardi nel 2018), affossato dalla spesa per gli interessi passivi sul debito pubblico, senza i quali il bilancio si chiuderebbe a +31,0 miliardi di euro. Il prelievo fiscale è passato da 739,4 miliardi di euro nel 2018 a 758,6 miliardi nel 2019 (pressione fiscale al 42,4%). Il debito pubblico è passato così da 2.380,6 miliardi a 2.409,2 miliardi euro, mantenendo però costante il rapporto debito/Pil a 134,8% grazie all'aumento, appunto, del prodotto interno lordo.

Quest'ultimo è aumentato in termini nominali dell'1,2% rispetto al 2018 e dello 0,3% in termini reali. Le componenti positive del Pil sono state la domanda nazionale al netto delle scorte (+0,4%) e la domanda estera netta (+0,5%), mentre la variazione negativa delle scorte (-0,6%) ha riportato il Pil reale al +0,3%. Va sottolineato come per la prima volta dal 2015 la spesa per consumi finali delle famiglie in beni si è pressoché azzerata (+0,1%) mentre a sostenere la voce ci ha pensato al spesa per consumi di servizi (+0,9%). Anche gli investimenti fissi lordi hanno fatto segnare la crescita più bassa dal 2015 (+1,4%) registrando comunque un aumento in tutte le componenti.

AUTORE:

Dott. Gianmaria Vianova

Gianmaria Vianova, classe 1996, si è laureato in economia e management presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza nel 2018. Attualmente è iscritto al corso di laurea magistrale in Economia...
e Finanza presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Dal 2017 collabora con il quotidiano Libertà di Piacenza, occupandosi di temi economici e cronaca.
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    Tuttavia, questo approccio informale, un tempo la norma, oggi espone a rischi fiscali significativi che non possono essere ignorati.

    a cura di: Studio Meli S.t.p. S.r.l.
  • Il Trattamento di Fine Mandato

    Il Trattamento di Fine Mandato

    L’attribuzione del Trattamento di Fine Mandato (T.F.M.) quale compenso aggiuntivo da riconoscere agli amministratori di una società, presenta vantaggi importanti che si manifestano su due piani:

    - fiscale
    - gestionale/strategico.

    1. Vantaggi fiscali
    Il T.F.M. rappresenta un'importante leva di pianificazione fiscale per le società e un significativo beneficio per i suoi amministratori.
    Questo compenso, erogato al termine del rapporto di amministrazione, se correttamente strutturato, offre un duplice vantaggio fiscale: per l'azienda che lo accantona e per l'amministratore che lo percepisce.
    I benefici fiscali del T.F.M. si articolano principalmente in due ambiti:

    - la deducibilità del costo per competenza per la società, con conseguente riduzione dell'imponibile IRES ogni anno e
    - la tassazione separata per il percipiente.


    2. Vantaggi gestionali e strategici
    Tralasciando il caso – peraltro molto frequente nelle società di piccole dimensioni (cosiddette “familiari”) di attribuzione del TFM per aspetti principalmente fiscali, è utile considerare il TFM un potente strumento di gestione aziendale perché favorisce questi importanti fattori:

      • fidelizzazione e incentivazione: il TFM agisce come un incentivo a lungo termine. Sapendo di avere una somma importante che matura nel tempo, l'amministratore è più propenso a rimanere legato alla società e a lavorare per il suo successo duraturo. È un modo per premiare la lealtà e la permanenza.
      • attrazione di talenti: in fase di assunzione di un manager di alto profilo, offrire un pacchetto retributivo che include anche il TFM rende la posizione più attraente e competitiva rispetto a società che offrono solo un compenso fisso.
      • pianificazione finanziaria: accantonare il costo anno per anno permette una gestione finanziaria più ordinata e prudente. La società non si troverà a dover affrontare un esborso improvviso e imprevisto alla fine del mandato, poiché il costo è stato spalmato contabilmente su più esercizi, dando una rappresentazione più fedele della situazione patrimoniale.

    In conclusione, per la società il TFM non è semplicemente un costo aggiuntivo, ma un investimento strategico che, se correttamente pianificato, genera un importante risparmio fiscale immediato e contribuisce a creare un rapporto più solido e duraturo con il proprio management.

    Questo lavoro affronta i principali aspetti civilistici e fiscali e indica il modo corretto di operare, per permettere l’imputazione della quota annua di costo societario per competenza ed evitare che lo strumento utilizzato porti a contestazioni o riprese fiscali da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

    Fa parte di questo strumento pratico operativo (tool) il verbale di assemblea dei soci.

    a cura di: Studio Meli S.t.p. S.r.l.
  • Atto costitutivo di comitato

    I comitati sono organizzazioni di persone che, mediante la raccolta pubblica di fondi, intendono perseguire scopi d’interesse generale.
    La disciplina dei comitati è prevista dagli articoli 39 e seguenti del codice civile. La formula del comitato viene utilizzata qualora l’esigenza di perseguire fini di pubblica utilità sia avvertita da persone che non dispongono di mezzi patrimoniali adeguati. Costoro possono farsi promotori di una sottoscrizione pubblica e raccogliere, in questo modo, i fondi necessari per raggiungere lo scopo.
    L’articolo 39 del codice civile contiene alcuni esempi di comitati:

    • di soccorso o di beneficenza;
    • promotori di opere pubbliche;
    • monumenti;
    • esposizioni;
    • mostre;
    • festeggiamenti e simili.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis
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