Martedì 9 novembre 2021

La stabile convivenza dell'ex-coniuge non determina la perdita automatica dell'assegno divorzile

a cura di: AteneoWeb S.r.l.
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Importante pronuncia delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 32198 del 05/11/2021, hanno espresso i seguenti principi di diritto:

  • L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno
  • Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa
  • A tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio e dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge, ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti, tenuto conto altresì della durata del matrimonio.

Fonte: https://www.cortedicassazione.it
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    L'art. 230 bis del codice civile costituisce una norma di chiusura in quanto regola i rapporti che si vengono ad instaurare tra titolare dell'impresa e suoi collaboratori - parenti e affini - quando tra questi non sia stato configurato un diverso rapporto [quale prestazione di lavoro subordinato (art. 2094 del codice civile), società (art. 2251 del codice civile), associazione in partecipazione (art. 2549 del codice civile), o comunione di azienda (art. 177 del codice civile)].
     Ad ogni modo, quando il rapporto tra familiari risulta inquadrabile nell'ambito dell'impresa familiare, la norma prevede che qualora i collaboratori prestino la loro attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, gli stessi hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare:

    • agli utili dell'impresa familiare;
    • ai beni acquistati con essa e agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis

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